Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
E’ tempo di celebrazioni per i Rolling Stones. La band decide di festeggiare i cinquant’anni di carriera regalando ai fan un documentario in cui si ripercorrono le tappe fondamentali di una parte – la prima – della loro carriera. Quella artisticamente più rilevante.
Ora, il problema che immagino ci si ponga nel momento stesso in cui si concepisce un’operazione del genere deve per forza di cose prendere le mosse da come i Rolling Stones non siano “soltanto” la rock band più famosa di tutti i tempi. Gli Stones sono il rock and roll nella sua essenza.
Ma come si fa a filmare il rock and roll?
Come si può far confluire in un film quel coacervo di urgenza primordiale, fuoco e pericolo che ha sempre, o almeno fino a un certo punto, contraddistinto le esibizioni del gruppo inglese?
Soprattutto abituati come siamo a vederli ormai da anni solo come attempati miliardari che ogni tanto vanno in tour per ricordare a tutti che, senza di loro, non avremmo ascoltato un buon 80% di quello che comunemente chiamiamo rock.
Brett Morgen (On the Ropes, Chicago 10) vince la scommessa, forte di un materiale d’archivio a dir poco eccezionale e in parte addirittura inedito che riesce a gestire nel migliore dei modi, celebrando il mito senza mai perdere di vista la qualità artistica della confezione.
Come la maggior parte dei “rockumentaries” anche Crossfire Hurricane è strutturato come una parabola.
In poco meno di due ore assistiamo così all’ascesa dirompente – all’apparenza quasi del tutto priva di gavetta – di questi cinque ragazzotti inglesi innamorati del blues, li vediamo cadere (i problemi con la legge e la tossicodipendenza di Keith Richards soprattutto) e prendere coscienza della propria fallibilità e infine affrontare la rinascita, sintetizzata in chiusura di pellicola dalle bellissime immagini di Shine a Light, il film con cui Martin Scorsese, qualche anno fa, diede prova al mondo del perfetto stato di salute degli Stones.
Perennemente in bilico tra le spinte di cinema verità del regista (i primi dieci minuti di film, privi di audio, sono quasi sperimentali) e l’inevitabile tendenza agiografica delle voci fuori campo degli Stones di oggi, Crossfire Hurricane ruota tutto attorno a uno dei topoi della storia del rock, il concetto di perdita dell’innocenza.
Per la precisione tre sono le perdite che scandiscono il ritmo di questo bellissimo documentario, nell’ordine: la morte di Brian Jones (membro fondatore della band, annegato nella sua piscina in circostanze tuttora misteriose), il concerto gratuito che i Rolling Stones tennero ad Altamont nel 1969 in cui un fan perse la vita per mano degli Hell’s Angels e la perdita forse più significativa, quella della giovinezza, e con essa del lato più selvaggio e pericoloso dell’immagine attorno alla quale Mick Jagger e soci avevano costruito buona parte del loro successo.
Il film attraversa così tre decadi fondamentali per l’evoluzione del rock nello specifico e, più in generale, della cultura e del costume, affrontando temi importanti come il divismo, le droghe, i movimenti giovanili e la tanto dibattuta dicotomia successo vs. libertà artistica. Dicotomia dalla quale i Rolling Stones non sono usciti sempre illesi. Tutt’altro. Ad avercene però di settantenni così.
Crossfire Hurricane sarà al cinema solo il 29 e 30 aprile.
Voto 8
NdR: Più o meno a metà film c’è una versione di Sympathy for The Devil registrata per lo special televisivo della BBC The Rolling Stones Rock and Roll Circus che è una cosa da far tremare i polsi. Probabilmente la migliore risposta da dare a un ragazzino di quattordici anni che dovesse mai fare la fatidica domanda. Che cos’è il rock? <!– @page { margin: 2cm } P { margin-bottom: 0.21cm } –>
Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.
Gli Stones festeggiano 50 anni di carriera con questo rockumentary da non perdere.
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