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— 2 giugno 2019Torna l’appuntamento per i leader dell’industria audiovisiva.
E’ stato fatto vedere ieri sera ai giornalisti l’atteso ultimo lavoro di Paolo Sorrentino La grande bellezza. E gli applausi non sono mancati, sebbene il film non sia piaciuto proprio a tutti. Presentata oggi In Concorso a Cannes, la pellicola è stata annunciata come una versione in chiave moderna de La dolce vita di Fellini. La storia di Jep Gambardella (Toni Servillo), un intellettuale dandy napoletano ultrasessantenne autore di un solo romanzo scritto anni fa e grande viveur, viene raccontata in maniera grottesca, divertente e mistica sullo sfondo di una Roma suggestiva e abbandonata a se stessa, con i suoi ricchi stanchi e annoiati e i suoi festini a base di alcol, coca e balli di gruppo. Proprio come il Marcello de La Dolce vita, Jep vive di notte e passa da una festa all’altra, da una donna all’altra. In questo scenario (egregiamente fotografato da Luca Bigazzi) si muovono scrittori falliti (Carlo Verdone), spogliarelliste mature e disilluse (Sabrina Ferilli), nobili decaduti, presudo-intellettuali, bacchettoni benestanti (Pamela Villoresi), imprenditori cinici e vacui (Carlo Buccirosso), donne ricche e annoiate (Isabella Ferrari), nani editori e artisti improbabili, ex soubrette distrutte da droga e alcol (Serena Grandi), monsignori che parlano solo di cibo (Roberto Herlitzka) e sante che si nutrono solo di radici “perchè le radici sono importanti”.
La grande bellezza, unico film italiano In Concorso al 66° Festival di Cannes, dunque, pare sia stato promosso dalla stampa estera: “Una festa cinematografica densamente popolata, spesso sorprendente, che rende omaggio a Roma, in tutto il suo splendore e la sua superficialità” si legge su Variety. Mentre sul Guardian Peter Bradshaw si è detto entusiasta del “magnifico ritorno del regista, in tandem con Toni Servillo per un lussureggiante racconto dell’edonismo di mezz’età e dell’amore perduto”.
Sorrentino, dal canto suo, alla quinta esperienza sulla Croisette (coronata nel 2008 con il Premio della Giuria a Il Divo) prende le debite distanze dal capolavoro di Fellini: “L’interiorizzazione di Fellini ha contagiato ogni giovane cineasta italiano, incluso me. Ma Fellini dichiarò di essersela inventata la Roma de La dolce vita. Certo, ci sono assonanze nei temi tra il suo e il mio film, ma non non esiste altra forma di apparentamento per ragioni anche ovvie: quel film era un capolavoro”.
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
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