Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Le vergini suicide sono cresciute, o forse sono solo diventate più superficiali: non è un caso se Bling Ring, quinto lungometraggio firmato Sofia Coppola, mostra a pochi minuti dall’inizio un cameo di Kirsten Dunst. La musa della regista è una delle prime star ritratte nel loro habitat naturale, quello della fama. Ed è proprio la fama la protagonista del film, ispirato alla vera storia di un gruppo di ragazzi che si introdusse furtivamente nelle case delle celebrities losangeline e trafugò beni per svariati milioni di dollari. Coppola cambia la storia ma non di molto, e sebbene sia al solito attentissima a non lasciarsi andare a giudizi o exploit di moralismo, questo è senza dubbio il suo film dagli intenti più chiari: questi ragazzi non sono ossessionati dalla fama per spirito di emulazione, ma semplicemente perché questi VIP sono come loro, e loro possono essere tali e quali alla Paris di turno. La privacy delle quattro mura domestiche, lasciata incredibilmente incustodita per tutta la durata del film (la Hilton lascia la chiave sotto lo stuoino), è l’ultimo muro che divide fan e idolo, ma tolto questo la noia prende il sopravvento e rubare Rolex o Louboutin è il miglior modo per farle fronte.
Che Sofia Coppola non ami il cinema giudicante o moralizzatore non è un mistero: è riuscita a restare super partes persino raccontando la storia di Marie Antoinette. Qui per la prima volta opera una scelta di immedesimazione più spinta, giocando con le immagini e con la (impeccabile) colonna sonora: alla fine, per quanto l’obiettivo possa essere distaccato, è impossibile non provare un senso di pena misto ad invidia per questi ragazzi, così preoccupati dalla scelta della foto profilo migliore. Purtroppo le cose non funzionano per tutta la durata del film, che si risolve in una sequenza di irruzioni in proprietà private seguite da feste con sballo con cadenza fin troppo matematica, per arrivare a un finale nel quale Coppola cade nella tentazione di dare una stoccata alla febbre da quindici minuti di celebrità con inaspettata e didascalica presupponenza. Peccato, perché le prove attoriali dei teenager protagonisti sono quasi tutte di ottimo livello (e il quasi purtroppo esclude la potteriana Emma Watson, dalla quale ci aspettavamo di più) e il film è visivamente molto curato. Alla fine, purtroppo, la parte migliore di Bling Ring resta il tour nella faraonica magione di Paris Hilton, che ha gentilmente prestato le sue sale scintillanti alla troupe. Un po’ poco per rendere Bling Ring memorabile, e soprattutto la perfetta chiusura del cerchio dell’indecisione tra elogio e condanna della superficialità.
Voto: 5
Cliccate qui per la videointervista con Sofia Coppola.
Appassionato di pop a trecentosessanta gradi, ama il cinema d'evasione, l'animazione e i film che non durino più di due ore.
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