Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Sarà che non abbiamo mai dimenticato Closer di Mike Nichols, ma Clive Owen e Julia Roberts sono proprio un bel vedere, insieme. Tuttavia, in Duplicity la scintilla viene ricercata in modo così esplicito che l’alchimia tra i due si perde in una gigioneria spesso eccessiva. Owen non è George Clooney, e di Julia Roberts ci fidiamo troppo per riuscire a vederla come una spia ambigua e (forse) traditrice. Tony Gilroy scrive e dirige un film su due ex agenti dei servizi segreti che decidono di cambiare vita e dedicarsi allo spionaggio industriale. Intorno al plot costruisce una trama con tutti gli ingredienti tipo della spy story: location meravigliose (tra le quali Roma), dialoghi serrati, gadget tecnologici, sesso e bugie. Ma sorprendentemente, il vero fulcro di Duplicity è l’amore tra due persone troppo uguali per essere davvero felici.
Si ha l’impressione che il regista abbia sentito il peso di dover incentrare un intero film su due star di questo calibro. Lo script le segue nevrotico con continui flashback e flashforward, che tentano di ingarbugliare una trama che sotto sotto è abbastanza semplicistica. La parte centrale del film, subito dopo il gradevole spettacolo di rivedere i due insieme e subito prima un finale decisamente buono, è piuttosto noiosa. Possiamo capire la tentazione di premere il più possibile sul tasto glamour, con una materia attoriale di questo livello. Però l’effetto è quello di una vetrina bella, ma un po’ fredda: vale la pena entrare nel negozio, ma probabilmente non ci porteremo a casa nulla.
Voto 5
Appassionato di pop a trecentosessanta gradi, ama il cinema d'evasione, l'animazione e i film che non durino più di due ore.
Belli, furbi e spietati: Julia Roberts e Clive Owen sono due spie innamorate in questo thriller, al cinema dal 10 aprile.
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