Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
A due anni di distanza dal melò sul conflitto nella ex Jugoslavia, In the land of Blood and Honey, presentato a Berlino e poi finito nel dimenticatoio, nonostante qualche notevole spunto, Angelina Jolie torna alla regia con tutt’altra storia e, soprattutto, con tutt’altra squadra. Laddove infatti In the Land of Blood and Honey era un progetto indipendente e a basso budget, con Unbroken la musica cambia e di molto. Prodotto dalla Legendary Pictures, con una sceneggiatura firmata dai fratelli Coen, Richard LaGravenese (La leggenda del re pescatore, I ponti di Madison County) e William Nicholson (Il gladiatore, Les Miserables), il film vanta collaboratori di primissimo ordine praticamente in ogni categoria, dalla fotografia di Roger Deakins (giustamente candidato all’Oscar) al montaggio di Tim Squires, fino alle trascinanti musiche di Alexandre Desplat.
Al centro della storia, basata su fatti reali, c’è la vita di Louis Zamperini, probabilmente una delle testimonianze più straordinarie dell’indomito spirito di sopravvivenza dell’essere umano. Tratto dal libro Sono ancora un uomo. Una storia epica di resistenza e coraggio, scritto da Laura Hillenbrand nel 2010, la pellicola racconta l’epica avventura di Louie, atleta olimpico ed eroe di guerra che, insieme ad altri due soldati, riuscì a sopravvivere su una zattera nell’oceano per quarantasette giorni, in seguito ad un disastroso incidente aereo durante la Seconda Guerra Mondiale, per poi essere catturato dalla marina giapponese e spedito in un campo di prigionia.
A costo di peccare di indelicatezza, è importante sottolineare quanto la Jolie, che nell’industria del cinema ci è cresciuta e ne ha succhiato l’essenza sin dal midollo, abbia saputo sfruttare mediaticamente la vita (le foto scattate insieme a Zamperini e rimbalzate per tutto il mondo di quando lo andava a trovare per parlare del film, le interviste rilasciate dai due mentre Unbroken era ancora in lavorazione, etc.) e anche la morte dell’eroe della sua storia, scomparso nel luglio del 2014 all’età di 97 anni, prima di poter vedere il lavoro completato.
Quello che è certo è che sarebbe stato un gran peccato non vedere sul grande schermo un film già scritto, e l’esistenza di Zamperini è stato anche questo. Ma un simile progetto meritava un regista dal tocco più rilevante e d’impatto. Nonostante l’impegno umanitario e la sensibilità personale di cui la Jolie è sicuramente dotata, in Unbroken si ha la costante sensazione che siano l’aspetto retorico e quello epico a prendere il sopravvento sul resto. Manca nel film quella forza nella messa in scena che una simile storia richiede inevitabilmente, le sfumature che evitano che i personaggi vengano ritratti semplicisticamente come buoni o cattivi, e manca, soprattutto, uno sguardo meno manicheo sull’intero racconto. Punto di vista, quest’ultimo, che avrebbe consentito alla vicenda di godere di un più ampio respiro e di non passare di scena in scena in modo netto, senza l’utilizzo di elementi di raccordo utili alla fluidità della narrazione.
Insomma la Jolie si limita a portare a casa il risultato senza guizzi, e con collaboratori di quel calibro e un protagonista ben calato nel non facile personaggio come il giovane inglese Jack O’Connell (This is England), qualche sussulto in più poteva anche regalarcelo.
Voto 5
Per offrirti il miglior servizio possibile il sito utilizza i cookie. Proseguendo la navigazione, ci autorizzi a memorizzare ed accedere ai cookies di questo sito web. Leggi l'informativa
The cookie settings on this website are set to "allow cookies" to give you the best browsing experience possible. If you continue to use this website without changing your cookie settings or you click "Accept" below then you are consenting to this.
Leave a reply