Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
In principio fu la letteratura rosa, poi ci fu il periodo chick lit. Adesso, soprattutto negli Stati Uniti e in Inghilterra, ha preso piede la cosiddetta chick-fi, filone a cui appartengono tutti quei romanzi d’avventura e fantascientifici scritti da giovani donne, nei quali a salvare il mondo da un futuro distopico è sempre una protagonista giovane e tosta. E allora perché non battere il chiodo finché è caldo? Sembra essere questa ormai la regola aurea di un certo fronte Hollywoodiano, quello tutto letteratura young adult e mondi distopici del quale la Lionsgate è l’esponente più rappresentativo. La compagnia di intrattenimento canadese, che ha già al suo attivo successi stratosferici come Twilight e Hunger Games, sta cavalcando il filone da qualche anno e il prodotto più recente è proprio la trilogia di Divergent, adattamento dei romanzi di Veronica Roth, molto popolari fra i giovanissimi, specie nei paesi anglofoni.
Secondo capitolo della saga della scrittrice newyorkese, The Divergent Series: Insurgent segue la giovane Tris (Shailene Woodley) e la sua ricerca di alleati tra le rovine di una futuristica Chicago, ridotta a un cumulo di macerie in seguito a un recente conflitto. Tris e Quattro (Theo James) sono in fuga, inseguiti dgli scagnozzi di Jeanine (Kate Winslet), la leader degli Eruditi, una fazione elitaria assetata di potere. In una corsa contro il tempo, i ragazzi devono scoprire il motivo per cui la famiglia di Tris ha sacrificato la propria vita e perché gli Eruditi fanno di tutto per fermarli. Condizionata dalle scelte compiute che la tormentano ogni notte sotto forma di tremendi incubi, ma decisa a proteggere chi ama, Tris affronterà sfide di ogni sorta fino a scoprire la verità su quanto accaduto in passato.
Se vi sembra che la vicenda abbia un che di noto, avete ragione. Le similitudini con la saga di Hunger Games non mancano, anzi, ce ne sono così tante che a stento si riesce a non storcere il naso: entrambe le storie esplorano un futuro distopico, in una società divisa da una parte in distretti e dall’altra in fazioni. La Panem di Suzanne Collins non è poi così distante dalla Chicago distrutta della Roth per non parlare delle protagoniste, Katniss e Tris,due figure di eroine non per scelta, ma per necessità, che nel corso della storia assurgono a simbolo della lotta contro il potere dominante.
Ma non è la mancanza di originalità il difetto peggiore di questo film per cui il cambio di regista è stato pressoché fatale. Nel passaggio di testimone da Neil Burger (The Illusionist, Limitless e Divergent, il primo capitolo della saga) a Robert Schwentke (Red, R.I.P.D.) la qualità della messa in scena non si può dire che ci abbia guadagnato. Se la regia del primo riusciva ad avere un respiro sufficientemente ampio e un’eleganza formale piuttosto evidente soprattutto nelle scene di combattimento, quella del secondo si riduce a una serie esagitata ed esagerata di effetti speciali e di momenti action intervallati da pause amorose, durante le quali Shailene Woodley e Theo James si guardano rapiti l’uno dall’altra con le stelline negli occhi, mentre intorno a loro succede il finimondo. Schwentke tira in ballo tutto l’action e la fantascienza che conosce e scopiazza alla grande senza mettere un filo di personalità in quello che dirige (c’è addirittura una casa volante in cui la nostra eroina deve entrare per salvare una persona cara e no, non ha niente a che vedere con quella di Up). Ma poco importa, perché gli adolescenti questo film lo ameranno. Mentre gli altri possono sempre trovare conforto tra le pagine di 1984 e annegare felici nella sua distopia.
Voto 4,5
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
Il secondo capitolo della trilogia tratta dai romanzi di Veronica Roth fa rimpiangere il primo. Il che è tutto dire.
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