Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Accantoniamo solo per un istante l’aspetto prettamente umano che la realizzazione di Fast & Furious 7 si porta inevitabilmente dietro e su cui torneremo tra poco e focalizziamoci un attimo sulla forte curiosità che muoverà il pubblico di affezionati al franchise e non verso le sale. Curiosità più che legittima di tutti quelli che hanno provato a immaginare in che modo la produzione avrebbe portato a conclusione il settimo capitolo di una saga salda e incredibilmente longeva, senza più uno dei suoi protagonisti, Paul Walker, scomparso in un incidente d’auto nel novembre del 2013, quando le riprese del film erano da poco iniziate. In un primo momento si è pensato di mollare tutto: il dolore da parte del cast era talmente forte da far ipotizzare una chiusura forzata della saga. Un po’ perché il vuoto lasciato dall’attore meritava un momento di riflessione e di tregua e un po’ perché in effetti risultava davvero difficile, se non impossibile, pensare di portare avanti un franchise basato su due personaggi principali senza che uno di loro ci fosse più. Ma poi qualcosa si è mosso. In fondo Paul Walker qualche scena era riuscito a girarla, inoltre si poteva contare sui suoi fratelli, Cody e Caleb, a fargli da controfigure, aggiungendo solo in fase di post produzione il volto e la voce dell’attore, sfruttando il girato non utilizzato delle vecchie pellicole. Ma non era sufficiente. A compiere il miracolo ci ha pensato la Weta Digital, la società di Peter Jackson specializzata in effetti speciali digitali, alla quale è stato chiesto di far rivivere Paul Walker sullo schermo un’ultima volta, nel ruolo che lo aveva portato al successo. Questo Fast & Furious 7 è dedicato alla sua memoria e, grazie a Dio, non contiene nulla di patetico o di forzato e la riscrittura per aggirare l’ostacolo narrativo dato dalla prematura scomparsa dell’attore non ha in alcun modo compromesso la fruibilità e la peculiarità del film.
Ricollegandosi al precedente capitolo, Fast & Furious 7 si apre con una scena girata a Londra, dove Deckard Shaw (Jason Statham), davanti al fratello Owen (Luke Evans), ex avversario di Dom Toretto (Vin Diesel) & Co. che si trova in un letto d’ospedale, giura vendetta e promette di punire chi lo ha ridotto in fin di vita. Da qui inizia una spietata caccia all’uomo da parte di Shaw, che non darà tregua ai protagonisti, i quali dovranno combattere contro un nemico che si aggira nell’ombra, tanto forte da mettere K.O. persino l’implacabile Hobbs (Dwayne “The Rock” Johnson). Soltanto l’intervento dei servizi speciali, alla cui guida c’è un Kurt Russell in forma smagliante, darà al gruppo la soluzione per rintracciare questo temibile nemico, svelando al gruppo dell’esistenza di un particolare congegno, L’occhio di Dio, in grado di rintracciare chiunque in brevissimo tempo. Così Toretto, O’Conner, Letty (Michelle Rodriguez) e gli altri membri della banda gireranno il mondo, da Tokyo a Dubai, a Los Angeles, per trovare questo geniale dispositivo di rilevamento e mettersi sulle tracce del misterioso hacker che lo ha ideato.
Sicuramente il settimo è il capitolo del franchise con più cose da raccontare e più conti da saldare. E il cambio in cabina di regia rappresentava uno dei potenziali rischi a cui andare incontro. Justin Lin aveva svolto un ottimo lavoro con gli ultimi quattro film della saga, contribuendo a rilanciarla in un momento di stanca e proiettandola nell’olimpo degli action movie made in Hollywood in grado di fare faville al box-office. Quindi l’idea di passare tutto in mano a James Wan rappresentava di fatto un azzardo. Ma la prova è stata brillantemente superata, perché Wan è sì un regista di horror (Saw – L’enigmista, i due Insidious, The Conjuring), ma dopo averlo visto all’opera in F&F 7 ogni intenzione di etichettarlo relegandolo a un genere piuttosto che a un altro decade miseramente, perché il livello di azione a cui arriva in questo film ha qualcosa di assolutamente folle e sconsiderato, adrenalinico e ben strutturato. Utilizzando la consapevolezza dello spettatore sulla situazione limite con cui il progetto è venuto alla luce, Wan fa leva sugli eventi reali per infondere consistenza e solidità alla storia, in particolare al personaggio di Paul Walker. Il fatto poi che questa volta alla base della trama ci sia un substrato drammatico ben evidente a fare da contraltare ad alcune scene ai limiti del pazzesco che puntano tutto sull’azione, rende questo Fast & Furious il più complesso della saga, in grado di intrattenere e divertire, ma anche di concedere spazio a qualche riflessione un tantino più profonda, difficilmente reperibile in pellicole tutte culi, tette, corse folli e motori rombanti.
In quella che è di fatto una pazza e divertente giostra delle esagerazioni, in cui il ritmo non concede un attimo di tregua, c’è un aspetto in particolare che si discosta dal resto ed è il modo in cui si è deciso di far uscire di scena il personaggio interpretato da Paul Walker, con una delicatezza e un buon gusto che in un film del genere proprio non ti aspetti di trovare.
Ma state tranquilli che le tamarrate non mancano, anzi: ce ne sono di mirabolanti. E il divertimento è assicurato. Onore a Fast & Furious dunque, il franchise che, allontanandosi di capitolo in capitolo dal contesto ristretto e piuttosto gretto delle corse clandestine, è riuscito a diventare molto di più, concentrandosi sullo sviluppo dei personaggi e sul forte legame che li unisce, sul set come nella vita.
Voto 7
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
James Wan dimostra di essere un ottimo regista di film d’azione, oltre che di horror. E confeziona il capitolo più tamarro e insieme più emozionante della saga.
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