La scelta

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Michele Placido è davvero un mistero.
Abilissimo ogni qualvolta è alle prese con il genere (Romanzo criminale, Vallanzasca – Gli angeli del male) crolla invece rovinosamente sotto il peso delle ambizioni e di un fastidioso eccesso di emotività quando si interfaccia con il dramma e con le diverse possibili declinazioni dell’amore.
Era già successo nel 2004 con Ovunque sei (l’eco dei fischi al Festival di Venezia non si è mai del tutto spenta) e con La scelta, se possibile, Placido si spinge oltre, riuscendo a fare addirittura di peggio.
Curiosa semmai la circostanza che vuole entrambi i film tratti da opere di Pirandello.
In questo caso la matrice è L’innesto, commedia in tre atti del 1919 che viene trasportata ai giorni nostri e ambientata a Bisceglie, nel Barese.
Qui Laura (Ambra Angiolini) e Giorgio (Raoul Bova) vivono una storia d’amore intensa e priva di intoppi, increspata giusto dai tentativi frustrati di mettere al mondo un figlio.
Un giorno Laura viene aggredita e, ritrovata dai carabinieri in stato di shock, si rifiuta sia di condannare l’aggressore che di raccontare l’accaduto.
Quando, poco dopo, la giovane donna scopre finalmente di essere incinta, la gioia viene presto soppiantata dal dubbio che il bambino possa non essere di Giorgio.
L’incertezza sconvolge gli equilibri della coppia e il sentimento dei due viene messo duramente alla prova da una scelta che segnerà irrimediabilmente il loro futuro.



E’ piuttosto raro trovare un film in cui tutto sia sbagliato e La scelta riesce in questa rara impresa.
E’ sbagliata in primis la coppia di protagonisti, assolutamente non all’altezza del compito chiamato a svolgere. Se Ambra Angiolini punta tutto su quei due o tre trucchetti imparati a teatro negli ultimi anni allontanando il suo personaggio da qualunque pretesa di realtà e rendendolo, a tratti, anche parecchio inquietante, Raoul Bova molto semplicemente non ce la fa e dimostra tutte le lacune di un mestiere imparato male e a stento nel corso di una carriera ormai – lo so, fa un po’ strano a dirsi – ventennale.
La sua allure da bello e inespressivo potrà anche risultare funzionale una volta incanalata nei binari più sicuri della commedia (ad esempio nei recenti Scusate se esisto che Sei mai stata sulla luna?) ma deflagra fino a denotare tutta la sua sostanziale mancanza di carisma quando è alle prese con materiale dal peso specifico più consistente.
E’ sbagliato lo script, che vorrebbe essere stilizzato ma è così pieno di battute inverosimili e al limite della comicità involontaria da risultare solo ridicolo.
E soprattutto – e spiace dirlo trattandosi di Placido – è sbagliata la regia.
L’autore, perennemente in cerca di inquadrature che rendano gli affanni dei protagonisti in termini visivi, perde di vista la veridicità del racconto quasi da subito, preferendo aggirarsi per Bisceglie e i suoi vicoli suggestivi anche se troppo stretti per contenere tutto ciò che vorrebbe dire.

Ecco allora che Laura e Giorgio parlano quasi sempre uno di spalle all’altro, sussurrando anche laddove non ce ne sarebbe alcun motivo e fissando punti indefiniti nel vuoto, neanche fossero su un vecchio set di Bergman.
Se a tutto ciò si aggiunge un folle montaggio che stacca da un ambiente all’altro mentre i personaggi continuano a portare avanti conversazioni comunque risibili, direi che il quadro può anche dirsi completo.
Sia ben chiaro però che qui non siamo affatto nei territori dell’opinabile e, per chi scrive, il film è un tale capolavoro di bruttezza  – una bruttezza che non sembra neanche frutto di errore, ma più qualcosa di ricercato a fatica – che difficilmente potrà finire col piacere a qualcuno.
Quasi spiace aver maltrattato, giusto un paio di settimane fa, quel Nessuno si salva da solo che, seppur piagato da una sceneggiatura sbagliata (ma mai quanto questa) qualche freccia al suo arco ce l’aveva, sia per pathos che per qualità della regia e recitazione.
Qui invece proprio nulla.
Il vuoto pneumatico.
E voglia di ridere laddove, nelle intenzioni dell’autore, immagino ci si dovrebbe commuovere.

Voto 3

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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