Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Nel 1983 Harold Ramis (che il dio delle risate lo abbia in gloria) diede inizio, con National Lampoon’s Vacation, alla divertentissima saga incentrata sulle catastrofiche vacanze della famiglia Griswold.
All’epoca i protagonisti erano Chevy Chase e Beverly D’Angelo e John Hughes, deus ex machina delle più riuscite e tutt’oggi imitate commedie anni Ottanta, ne scriveva la sceneggiatura.
A quel film ne seguirono poi altri tre, Ma guarda un po’ ‘sti americani (1985) di Amy Heckerling, Un Natale esplosivo (1989) di Jeremiah S. Chechik e Las Vegas – Una vacanza al casinò (1997) di Stephen Kesslerg, tutti baciati da un grande successo di pubblico.
Passati più di trent’anni dal primo episodio, Rusty Griswold (Ed Helms), goffo pilota di una compagnia aerea low cost che effettua solo voli regionali, decide di ripercorrere le orme paterne intraprendendo un viaggio alla volta del parco dei divertimenti di Walley World insieme alla moglie Debbie (Christina Applegate) e ai loro due figli.
Nessuno in famiglia, a parte Rusty, sembra però particolarmente entusiasta della partenza, ma i numerosi guai di cui la vacanza sarà costellata (si va dall’affitto di una station wagon albanese piena di incomprensibili comandi al bagno in una fogna a cielo aperto scambiata per una pozza termale) finiranno, in qualche modo, per rinsaldare i loro rapporti in crisi.
In un’epoca contraddistinta, cinematograficamente parlando, dal sempre più frequente ricorso a suggestioni passatiste non stupisce affatto che anche la commedia – forse l’ultimo dei generi a proporre ancora idee dotate di una qualche parvenza di originalità – alzi bandiera bianca di fronte a questo trend.
Fortuna vuole che questo sequel/reboot di National Lampoon’s Vacation sia però finito nelle mani di John Francis Daley e Jonathan M. Goldstein, autori di Piovono polpette 2 e Come ammazzare il capo…e vivere felici e attualmente al lavoro sullo script del prossimo film Marvel di Spider-Man, che esordiscono qui anche nella regia.
E’ una fortuna perché Come ti rovino le vacanze si rivela fin da subito un piccolo gioiello di comicità anarchica, soprattutto in virtù del fatto che i due abbiano saggiamente scelto di non rifarsi al modello originale in termini sostanziali, limitandosi invece a rendergli omaggio innestando, su quell’ormai classico e un po’ datato canovaccio di comicità familistica, massicce dosi di scorrettezza anni 10.
Quella, per intenderci, che, da Todd Phillips a Paul Feig, passando per il nume tutelare Judd Apatow (il legame con quest’ultimo è rafforzato dalla presenza nel cast di Leslie Mann, sua attrice feticcio e consorte) sta completamente ridefinendo i confini di cosa sia possibile fare oggi, soprattutto in termini di argomenti trattati, all’interno di una commedia.
Il film parte quindi a razzo, senza mai un cedimento o anche un solo momento di stanca, inanellando un fuoco di fila di battute e gag spesso al limite dello scatologico (anche se mai di cattivo gusto) fino alla sua sequenza più esilarante che vanta un divertente e divertito Chris Hemsworth nel ruolo del cognato superdotato del protagonista.
Fondamentali, ai fini della riuscita del film, le interpretazioni di Ed Helms che finalmente, dopo la serie The Office e i tre Una notte da leoni, ha la possibilità di spiccare il grande salto da spalla a headliner, e di una insospettabile Christina Applegate in puro stato di grazia. L’attrice infatti, lungi dal limitarsi a ricalcarere il ruolo di moglie insoddisfatta che fu di Beverly D’Angelo, in più di un’occasione ruba letteralmente la scena al co-protagonista maschile forte di una vis comica e un coraggio davvero notevoli, affinati anche attraverso la sua partecipazione ai due Anchorman insieme a Will Ferrell.
Daley e Goldstein non si fanno mancare nulla e lasciano che, per un’ora e mezza, lo spettatore rida di tutto, da una corsa universitaria a base di birra e vomito a una gigantesca palla di peli pubici incastrata nel lavandino di un motel dove molto probabilmente si è consumato un omicidio, sfidando a un certo punto anche il tacito tabù che imporrebbe di evitare di fare battute su un tema delicato e scomodo come la pedofilia.
Ecco, loro non solo lo fanno, ma riescono a non essere fuori luogo e a non perdere in leggerezza nemmeno in quel caso.
Questione di talento e gli autori di questo Come ti rovino le vacanze ne hanno da vendere.
Voto 7
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