Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
La saga di Dan Brown, perché con un terzo capitolo già in lavorazione ormai si può parlare di saga, è una delle operazioni commerciali più furbe e ben costruite degli ultimi anni. Un po’ come in tutti i casi in cui il nome vende da sé, però, lo sforzo profuso nel rendere i derivati dal libro almeno interessanti è al minimo. Non sono interessanti le polemiche che hanno accompagnato questo secondo capitolo, con un Vaticano che inspiegabilmente si presta alla macchina del marketing lanciando anatemi un filo anacronistici. E non è interessante il film, anzi riesce a esserlo ancora meno de Il Codice Da Vinci: un Ron Howard al minimo sindacale, dopo i fast di Frost/Nixon. Ma tant’è, l’importante è che se ne parli e che si stacchino biglietti.
Se il libro di Angeli e demoni era ambientato prima de Il Codice Da Vinci, Howard decide di rendere le cose più semplici e spostare la timeline dopo il primo film. E fa diventare il professor Langdon il nuovo supereroe della chiesa cattolica, impegnato nella risoluzione di enigmi per ritrovare quattro cardinali rapiti dalla setta degli Illuminati, che ha promesso di ucciderne uno ogni ora proprio mentre il conclave sta eleggendo un nuovo pontefice. Robert Langdon, invincibile Super Papa Boy, non fa altro che correre per tutto il film, risolvendo brillantemente in quattro ore misteri che hanno duemila anni. Il tutto avviene al cospetto di una guardia svizzera (Stellan Skarsgaard), un camerlengo (Ewan McGregor), un ispettore (Pierfrancesco Favino, che dà un po’ l’impressione di essere stato piazzato nel cast solo per guidare la Lancia Delta e farla vedere bene), e una scienziata del CERN bella e intelligente (Ayelet Zurer). Purtroppo l’effetto stampino è un po’ inevitabile, ma questo del resto coinvolge la stessa Roma. Valorizzata dalla splendida fotografia e da alcune ricostruzioni ben fatte, la Città Eterna appare comunque come una stereotipata groviera, piena di catacombe che racchiudono misteri inconfessabili.
Ben attento alle critiche mosse al primo capitolo, Howard è concentratissimo a creare un film pieno d’azione, dove gli enigmi da risolvere vengono spiattellati con sconfortante linearità. Un Robert Langdon pericolosamente simile a Lara Croft ma infinitamente meno sexy (nonostante un netto dimagrimento di Tom Hanks e, finalmente, un nuovo taglio di capelli), combatte una lotta contro il tempo che tutti sanno che vincerà. La suspense viene così sacrificata sull’altare della spettacolarità. E’ inevitabile: dopo un paio di wow ci si ritrova a parteggiare per gli Illuminati, nella speranza che la facciano finita al più presto.
Voto 4
Appassionato di pop a trecentosessanta gradi, ama il cinema d'evasione, l'animazione e i film che non durino più di due ore.
Robert Langdon eroe del Vaticano, nel discusso sequel de Il Codice Da Vinci tutto ambientato a Roma.
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2 Comments
Bellissima recensione, anche io sono rimasto molto deluso
Alla fine il film non è stato così pessimo, se viene paragonato al libro qualsiasi film tende a scadere poichè se venissero riportati particolari e dettagli, la trama risulterebbe pesante e saremmo di fronte a un mattone di 4 ore che non reggerebbe nessuno.
Langdon non pare un papa boy, anzi, viene ribadito spesso il suo concetto di non fede essendo lui un accademico.
Per quanto riguarda l’operazione di marketing, bè pare scontato come ragionamento in quanto anche il film più ignobile (vedesi l’attuale San Valentino di sangue) tende tramite trailer e trovate più o meno accattivanti (3d, fantascienza o altro) a far staccare quanti più biglietti possibili.
E infine, per il vaticano…si, in crisi come al solito, si presta al suo stesso carnefice, ma ti assicuro che non fa cambiare opinione su di lui. Il film è una cosa, la realtà è un’altra.