Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Cavallo vincente non si cambia, ecco che allora non c’è da stupirsi se per il 24esimo film di Bond, il secondo diretto da Sam Mendes dopo Skyfall (che al box office ha superato il miliardo di dollari worldwide), la produzione ha puntato di nuovo sul team del film precedente ovvero Neal Purvis e Robert Wade alla sceneggiatura con in più un contributo di John Logan e Jez Butterworth (Edge of Tomorrow), quest’ultimo chiamato in seconda battuta per “dare una sistemata” al tutto.
Con SPECTRE si chiude la quadrilogia del James Bond umano, quello che si innamora e soffre, che sembra voler accantonare il cinismo che lo ha sempre contraddistinto per lasciare spazio alle emozioni, al realismo e ai tormenti. La deriva umana che Purvis e Wade (insieme a Paul Haggis nei primi due capitoli e a John Logan nei secondi due) hanno fatto prendere al loro Bond, iniziata con Casino Royale, è servita a infondere nuova linfa a una saga che indubbiamente stava perdendo colpi, salvando i personaggi da un incombente anacronismo e lo stesso 007 da un’eccessiva misoginia e da un tangibile distacco per ogni elemento pronto a scalfire la sua anima da uomo duro che non deve chiedere mai. E di questo gliene saremo eternamente grati. Però mentre in Casino Royale e in Skyfall l’emotività di 007 era qualcosa di tangibile e concretamente realistico, in SPECTRE succede quello che accadeva nel meno riuscito Quantum of Solace e allo spettatore viene chiesto di fare più di uno sforzo per credere a quello che tanto spaventa Bond: i fantasmi del passato strettamente legati alla sua infanzia che, d’improvviso, tornano nella sua vita. Ma i traumi familiari irrisolti stonano se non hanno una solida struttura a sostenerli e in un bond movie stridono anche di più.
Il tallone di Achille di un film come SPECTRE va allora ricercato a monte, in uno script eccessivamente facilone in alcuni punti, forse proprio perché passato per troppe mani e che, dopo un inizio registicamente da manuale, inizia a smontarsi piano piano.
Film da record, il più costoso tra i bond movie (300 milioni di dollari di budget) e il più lungo in termini di minutaggio (148 minuti), SPECTRE, proprio come Skyfall, parte, come dicevamo, alla grande con la sequenza iniziale che anticipa la visionaria sigla di apertura che è letteralmente sbalorditiva: un lungo piano sequenza che tanto ricorda l’incipit de L’infernale Quinlan di Welles o le migliori sequenze del Birdman di Iñárritu. Non che Mendes abbia da dimostrare quanto ci sappia fare con la macchina da presa, ma di virtuosismi e di omaggi al cinema non se ne hanno mai abbastanza, soprattutto in un film di Bond e quindi benvengano sequenze mozzafiato con aerei ed elicotteri in avaria, rocamboleschi inseguimenti tra gli angusti vicoli di Roma e scazzottate su un treno nel bel mezzo del deserto.
Da Città del Messico si va a Roma, poi sulle Alpi austriache, a Tangeri e per finire a Londra: i cliché che hanno fatto la fortuna della saga ci sono tutti: i gadget come l’orologio-bomba e l’Aston Martin, il Vodka Martini e le donne (una volta tanto 007 si concede una scappatella con una donna matura che ha il volto della nostra Monica Bellucci in una sequenza ai limiti del grottesco), prima dell’entrata in scena della vera Bond Girl della storia, una Léa Seydoux tosta e sofisticata. Il resto funziona senza brillare. A cominciare da un Daniel Craig più svogliato del solito, talmente legnoso da sembrare ingabbiato nel suo personaggio; un Ralph Fiennes in parte alla guida del MI6 che rischia di essere dismesso, Naomie Harris che torna ad essere un’adorabile Moneypenny e Christoph Waltz nei panni di un villain tutt’altro che memorabile.
Non si sa ancora se Craig, il cui contratto prevede un quinto film, tornerà ancora ad essere un’ultima volta la spia con la licenza di uccidere, ma forse il poker cinematografico di questo nuovo Bond depatinato, stropicciato e afflitto dal passato potrebbe anche chiudersi qui, con il capitolo che tira le fila di quanto annunciato dai tre film precedenti e uno 007 ormai rassegnato ad essere diventato una superspia con superproblemi.
Voto 6,5
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
Sam Mendes ci mette passione e mestiere (molto), ma non è abbastanza per riportare 007 agli antichi fasti.
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