Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Dopo aver partecipato all’edizione di Afghan Star nel 2008, l’equivalente afghano di American Idol o del nostro X Factor, la ventenne Setara Hussainzada aveva ricevuto continue minacce di morte che l’avevano costretta a vivere in incognito a Kabul e a girare armata prima di decidere di lasciare definitivamente il paese e trasferirsi in Germania. Setara non era stata la prima donna a partecipare ad un talent show, ma durante la sua ultima performance, quella che scatenò le ire dei fondamentalisti, la ragazza aveva osato accennare a qualche passo di danza e lasciato cadere l’?ij?b (il velo che copre i capelli delle donne islamiche) sulle spalle. La sua storia era stata già raccontata in un documentario del 2009 premiato al Sundance (Afghan star, diretto dalla regista britannica Havana Marking), ma Barry Levinson l’ha presa solo come spunto per costruire intorno all’episodio una moderna fiaba musicale con Bill Murray protagonista indiscusso.
Rispetto al doc, Levinson cambia prospettiva e ci racconta la storia di Setara non più dal punto di vista della ragazza, ma da quella di uno sconquassato manager americano, Richie Lanz (Bill MUrray), improbabile produttore musicale deciso a portare la sua pupilla (Zooey Deschanel) in Afghanistan per farla esibire nei concerti per le truppe americane di stanza nel paese. Quella che sembra un’idea a metà fra il geniale e il disperato, si trasforma in breve tempo in un’avventura rocambolesca. Richie si ritroverà infatti senza né soldi né documenti e anche senza la sua cantante. Ma l’incontro con una ragazza pashtun con la voce da usignolo darà una svolta al suo viaggio.
L’atmosfera che si respira da subito in Rock the Kasbah è quella tipica della commedia americana leggera, carica di ironia e di situazioni al limite che aprono la pista ad un Murray mattatore. E il film in fondo è tutto qui: un protagonista al quale capitano imprevisti di ogni sorta, qualche personaggio di contorno ad aiutarlo o a mettergli i bastoni tra le ruote e un clima allegro e gigione, nonostante ci si trovi in un paese minato dalla guerra. Quello che salta subito agli occhi è che il regista di Rain Man, nel non dare una direzione precisa al suo progetto, lo lascia fluttuare in balìa delle correnti alternando qualche sketch ben costruito a scene da road movie. Certo poter contare su attori come Murray, Bruce Willis, Kate Hudson e Zooey Deschanel è una gran fortuna, ma i grandi nomi non sempre fanno grande un film, sopratutto se vengono buttati un po’ a casaccio in uno script dalla personalità poco definita.
Voto 5
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
E’ un Bill Murray mattatore, il protagonista della commedia diretta con poca convinzione da Barry Levinson.
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