Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Ci volevano il re Mida delle produzioni horror a basso costo Jason Blum e un budget ridotto ai minimi termini, almeno per gli standard hollywoodiani, a far rinascere M. Night Shyamalan. Dopo clamorosi flop come L’ultimo dominatore dell’aria e After Earth, il regista di origini indiane che ormai credevamo di aver perso per sempre, si riaffaccia timidamente sulla scena con una pellicola piccola e semplice, sia produttivamente che narrativamente, un thriller/horror domestico che se da un lato non raggiunge l’eleganza e le atmosfere dei suoi lavori migliori (Il Sesto Senso, Unbreakable o il sottovalutato The Village), dall’altro dimostra di avere non poco coraggio nell’unire in un connubio piuttosto inusuale, paura e ironia, trovando una sua strada ed evitando di cadere nel ridicolo.
The Visit racconta la storia di Paula Jamison (Kathryn Hahn) che manda i suoi due figli Tyler e Becca (i perfetti Ed Oxenbould e Olivia DeJonge) dai nonni in una sperduta fattoria della Pennsylvania per andare in crociera per qualche giorno con il compagno. Paula è scappata di casa giovanissima, troncando così bruscamente i rapporti con i genitori, che di conseguenza non hanno mai avuto modo di conoscere i nipotini. Fin dall’arrivo a casa dei nonni, Tyler e Rebecca notano una serie di stranezze. Il nonno John (Peter McRobbie) impone ai ragazzi di non uscire dalla loro camera dopo le nove e mezza, mentre la nonna Doris (Deanna Dunagan, attrice americana con una lunga carriera teatrale alle spalle, qui inquietante più che spaventosa: davvero perfetta) si comporta in modo sinistro e minaccioso. Questa bizzarra settimana di vacanza viene ripresa dalla videocamera di Rebecca, aspirante regista, intenzionata a fare un documentario sui nonni mai conosciuti.
La sensazione che si ha guardando The Visit è di assistere a un film necessario soprattutto per il suo autore, un progetto contraddistinto da un certo disimpegno in cui evidentemente Shyamalan aveva bisogno di perdersi dopo una lunga serie di insuccessi: non ultima, la mancata conferma da parte della Fox della seconda stagione di Wayward Pines, la serie da lui prodotta. Un film a bassissimo budget (5 milioni sono davvero noccioline se paragonati ai 150 de L’ultimo dominatore dell’aria e ai 130 di After Earth) autofinanziato e incoraggiato da Jason Blum e dalla sua Blumhouse Productions. L’idea di rivisitare in chiave moderna la fiaba di Hansel & Gretel e di stravolgere due figure che nell’immaginario collettivo rappresentano sicurezza e tranquillità come i nonni funzionano eccome, così come la scelta di voler accumulare la tensione narrativa nelle scene girate di giorno, rilasciandola gradualmente in quelle notturne, nel momento in cui paure e suggestioni prendono vita. Certo l’idea di affidarsi a una tecnica abusata soprattutto in ambito horror come il found footage non è delle più originali, ma assolve alla sua funzione di destabilizzare lo spettatore da ogni certezza. La parte meno convincente in The Visit rimane il finale, che chiude la vicenda in modo un po’ troppo frettoloso, lasciando poco sfogo a tutti gli elementi disseminati nel corso della storia.
Voto 6,5
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
M. Night Shyamalan torna a inquietare in un thriller suggestivo prodotto da Jason Blum.
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