MIA Market 2019: la quinta edizione sarà dal 16 al 20 ottobre
— 2 giugno 2019Torna l’appuntamento per i leader dell’industria audiovisiva.
Si apre oggi la 69° edizione del Festival di Cannes: tanti film, tantissime star e, come ogni anno, sicuramente anche qualche polemica. Ed è a questo proposito che abbiamo voluto ripensare a dieci grandi smacchi fatti al nostro cinema dal Festival, non premiando pellicole presentate In Concorso, poi diventate colonne portanti della cinematografia nostrana.
1949: Riso amaro, Giuseppe De Santis
Plausibilmente adombrato, nel primo palmarès onnicomprensivo della storia della manifestazione, dal trionfo de Il terzo uomo di Reed, il classico che rivelò la Mangano e cortocircuitò la produzione nostrana dell’epoca rimane a mani vuote in un concorso sovrabbondante e perlopiù oggi piombato nell’oblio.
1952: Umberto D., Vittorio de Sica
Reduce dal Grand Prix conquistato l’anno prima da Miracolo a Milano, De Sica tenta il clamoroso uno-due con un’ulteriore pietra miliare, ma la giuria gli favorisce, insieme a due dimenticabili prodotti locali, le tinte più rassicuranti del conterraneo Due soldi di speranza: è il sorpasso del Neorealismo Rosa.
1966: L’armata Brancaleone, Mario Monicelli
C’è poco da sindacare in un’edizione in grado di assegnare a Pietro Germi e al suo Signore & signori il premio maggiore: peccato che a farne le spese sia il folle, irripetibile esperimento di Monicelli, in una delle annate, tra il Falstaff di Welles e l’irresistibile Alfie, più agguerrite di sempre.
1969: Dillinger è morto, Marco Ferreri
Niente da fare per la delegazione italiana al Festival, dove a svettare sul resto sono la controcultura sessantottina di Se… e l’antagonismo di Z – L’orgia del potere e di Adalen ’31: il film-manifesto di Marco Ferreri, poco prima della pioggia di fischi che accoglierà La grande bouffe, partecipa senza lasciare traccia.
1975: Professione: reporter, Michelangelo Antonioni
Con due Premi Speciali e una Palma d’Oro all’attivo, Antonioni resta uno dei beniamini di Cannes, ma il suo ultimo miracolo prima della lenta decadenza passa scandalosamente sotto silenzio; sarà il mediocre Identificazione di una donna, sette anni più tardi, a riequilibrare, immeritatamente, i torti.
1977: Una giornata particolare, Ettore Scola
Ottenuto il Prix de la mise en scène per Brutti, sporchi e cattivi, Scola gioca al rialzo dodici mesi dopo, ma a ergersi su una selezione incapace di vedersi assegnato tanto il riconoscimento al miglior regista quanto il Gran Premio Speciale è, fra la sorpresa e la contestazione, Padre padrone dei fratelli Taviani.
2001: Il mestiere delle armi, Ermanno Olmi
Devono passare oltre due decenni da L’albero degli zoccoli prima che la Palma d’oro, con La stanza del figlio, attraversi di nuovo le Alpi: senza nulla togliere a Moretti, risarcito dopo la vittoria mancata di Caro diario, il vero campione tricolore della stagione festivaliera portava ancora la firma di Ermanno Olmi.
2002: L’ora di religione, Marco Bellocchio
Se fra il cineasta emiliano e il Lido esiste da sempre un rapporto infuocato e contrastato, quello con la Croisette è segnato da una colpevole indifferenza: risolto il lungo periodo della crisi, Bellocchio sigla il capolavoro della maturità, ma patisce la concorrenza spietata di Polanski, Kaurismaki, dei Dardenne e di P.T. Anderson.
2009: Vincere, Marco Bellocchio
Di nuovo in gara con un altro opus magnum, il regista de I pugni in tasca incassa una sconfitta ancor più pesante, travolto da quell’aura di violenza belluina che, da Haneke a Mendoza, passando per Audiard, Park e Von Trier, accomuna e riunisce tutti i vincitori dell’edizione, fra le più combattute dello scorso decennio.
2015: Mia madre, Nanni Moretti
Dato inizialmente tra i favoriti e accolto con il solito entusiasmo dai padroni di casa, il capitolo più disarmante e intimo della filmografia morettiana è la vittima più illustre della débacle italiana dell’anno passato, azzoppata da verdetti al limite dello sciovinismo ma, come testimonia la classifica dei Cahiers, capace di imporsi sulla lunga distanza.
Torna l’appuntamento per i leader dell’industria audiovisiva.
L’attore protagonista dello spot che prende in giro i film sulla mafia italoamericana.
Il film di Woody Allen abbandonato da Amazon, arriverà in Italia in autunno distribuito dalla Lucky Red.
La storia di un’improbabile amicizia sullo sfondo dell’America razzista dei primi anni Sessanta diretta da Peter Farrelly è una splendida sorpresa.
David Gordon Green si riaggancia direttamente al cult di John Carpenter del 1978 e punta tutto su Jamie Lee Curtis.
Il regista autore di The Elephant Man, Mullholland Drive e Twin Peaks si racconta.
La storica rivalità tra i due tennisti, interpretati da Sverrin Gudnason e Shia LaBeouf, nella pellicola di Janus Metz Pedersen.
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Angelo (Il cielo sopra Berlino) e demone (Hitler ne La caduta). Ci lascia un attore immenso, versatile, sensibile.
L’attore, 63 anni, era ricoverato al Policlinico di Napoli da due settimane.
Il capitolo conclusivo della trilogia di M. Night Shyamalan è il film di supereroi che non ci si aspetta.
Nelle sale la commedia criminale di Massimiliano Bruno. Un tuffo nell’Italia dell’82 tra i mondiali di calcio e la banda della Magliana.
Ecco come funziona la nuova sezione per prenotare e acquistare i biglietti del cinema attraversoil social media.
In gara per la Palma d’oro, tra gli altri, Terrence Malick, Pedro Almodóvar, i Dardenne, Marco Bellocchio e Xavier Dolan.
La rilettura del romanzo di Beppe Fenoglio ad opera dei fratelli Taviani, interpretata da Luca Marinelli sbarca alla Festa di Roma. La recensione.
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