Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
«Gli Oasis sono come una Ferrari: bella da vedere, bella da guidare, ma se vai troppo veloce finisci per perdere il controllo». (Liam Gallagher)
Nell’agosto del 1996 il 5% della popolazione britannica cercò di acquistare un biglietto per i due concerti che gli Oasis avrebbero tenuto di lì a pochi giorni a Knewborth, vicino Londra. Alla fine gli spettatori furono 250.000 e Oasis: Supersonic inizia proprio da qui: dal più grande show di musica dal vivo en plein air mai realizzato in Inghilterra e dai due litigiosissimi fratelli che di quell’impresa furono protagonisti.
Due ragazzi – Liam e Noel Gallagher – venuti su nelle case popolari di Manchester che, fin dai primissimi giorni in sala prove, non esitarono ad autodefinirsi leader della “migliore rock band del pianeta”.
E sebbene, da un punto di vista squisitamente musicale, non è che si siano poi inventati nulla, i numeri finirono per dar loro ragione. Il merito maggiore del film è forse quello di mostrare come un successo così impressionante sia nato non solo dal basso, senza una struttura produttiva forte alle spalle, ma in maniera quasi inconsapevole. Un gruppo di teppisti che, se non avessero imbracciato gli strumenti, avrebbero probabilmente passato il resto delle loro vite tra una partita dello United e il pub e che un giorno, per puro caso, si trovarono ad esibirsi per un pubblico di una decina di persone in un locale sperduto di Glasgow. Fortuna volle che, tra quelle dieci persone ci fosse un certo Alan McGee, proprietario dell’etichetta indipendente più cool del momento (la mitica Creation) e scopritore di band che già nell’empireo del rock britannico come My Bloody Valentine e Primal Scream.
Da quel punto in avanti fu più o meno tutto in discesa, con l’unico ostacolo rappresentato da un perenne conflitto di ego – quello tra Liam e Noel – che ne accompagnò l’incredibile ascesa ma, di fatto, ne decretò anche la fine. Fine che il film di Mat Whitecross si guarda bene dal mostrare, limitandosi a descrivere solo la parte ascendente della parabola degli Oasis perché paradigmatica di un’idea di music business che ormai non esiste neanche più, crollata sotto il peso di anni di download illegali, concerti ripresi con gli smartphone e talent show.
Ecco dunque che il ventennio abbondante che ci separa dai fatti narrati finisca col sembrare un’era geologica e la storia dei fratelli Gallagher faccia ricordare più quella di gruppi parecchio antecedenti come i Clash o i Sex Pistols che non quella di una qualsiasi odierna meteora del pop. Ora, ammesso e non concesso che difficilmente possa essere oggetto di attenzione per chi non abbia mai amato la musica della band, Oasis: Supersonic ha comunque la particolarità di affrancarsi dalla scia di altri documentari che, a seconda dei casi, inneggino alla longevità di certo rock (come, ad esempio, nel caso di Crossfire Hurricane) o ne celebrino il genio bruciato anzitempo (Cobain: Montage of Heck).
Anzi, qui non c’è alcuna traccia di gloria posrtuma per un cantante che viene comunque descritto come un hooligan mancato, molto più interessato alle droghe che non alla musica e un chitarrista/leader di certo più pacato ma dotato comunque di una spocchia british più forte del suo stesso talento di autore. Qui più che altro si parla di una scintilla; di una rivoluzione durata appena due anni e combattuta a colpi di chitarra e Union Jack. Di quell’attimo in cui qualsiasi cosa sembra possibile e talmente a portata di mano che, a rovinare tutto, possiamo essere solo noi stessi. Attraverso immagini di repertorio, filmini privati e le voci off dei protagonisti, assistiamo quindi a un trionfo che, in nuce, contiene già una fine.
Che non è solo quella degli Oasis, ma di un’intera epoca.
Sono due ore scorrevolissime di musica, immagini e brividi che restituiscono appieno il fascino e, al tempo stesso, la caducità di un momento irripetibile per la british culture. Come l’attimo in cui vediamo Noel entrare in sala prove e annunciare al resto della band che, mentre loro erano al pub a bersi una lager, lui ha buttato giù una canzone nuova.
E inizia a suonare, per la prima volta, Live Forever.
Voto 8
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