Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Dopo i buoni risultati ottenuti sia con Un Natale stupefacente che con Natale col Boss, Natale a Londra – Dio salvi la Regina conferma il binomio Volfango De Biasi/Lillo e Greg come titolari del processo di svecchiamento del classico cinepanettone targato De Laurenttiis.
Se infatti De Biasi ha portato in dote strutture narrative più solide, che si sviluppano più come racconti corali che non come i singoli episodi comici giustapposti che erano marchi di fabbrica della gestione Neri Parenti, e una maggiore cura per la veste estetica, la coppia comica continua a impreziosire dei copioni tutto sommato basici – per non dire banali – con i loro meccanismi comici perfettamente oliati.
Greg e Lillo interpretano qui i due figli pasticcioni di un boss della mala romana detto il Duca (un irresistibile Ninetto Davoli) che, nella speranza di guadagnarsi la fiducia del padre, organizzano un folle piano per rapire i cani della Regina Elisabetta da Buckingham Palace per poi restituirli dietro lauto riscatto.
Una volta a Londra i due chiedono aiuto ad alcuni bislacchi complici, tra cui un prestigiatore in disgrazia, il proprietario di un ristorante giocatore incallito (Nino Frassica), una chef stellata (Eleonora Giovanardi) e il suo vessatissimo sous chef (Paolo Ruffini) segretamente innamorato di lei.
Se il plot è evidentemente in debito con qualsiasi film di truffa da I soliti ignoti a Ocean’s Eleven, sarebbe comunque ipocrita negare che Natale a Londra – Dio salvi la Regina abbia diversi momenti in cui fa il suo dovere e diverte.
Il problema semmai è un altro e ha a che fare con le pretese transregionali dell’intera operazione che spingono De Laurentiis, nel tentativo di rendere appetibile il film a quante più fasce di pubblico possibile (con una particolare attenzione per l’ovvia tifoseria napoletana) a coinvolgere nel cast anche il duo comico degli Arteteca.
In sintesi accade che questi ultimi – nati artisticamente all’interno del contenitore Made in Sud e già titolari, nei primi mesi di questo 2016, di un film da protagonisti, Vita Cuore Battito – non solo non facciano né dicano mai nulla che riesca a muovere al riso ma che addirittura ogni scena in cui sono presenti di fatto annulli l’effetto comico generato da Greg e Lillo.
Quasi come se il cast fosse diviso in due fazioni di cui una (quella dei due comici napoletani, per l’appunto) lavora in direzione esattamente contraria alla buona riuscita del film.
Tra i fattori che abbassano il voto al di sotto della sufficienza andrebbe in realtà citato anche il sempre insulso Paolo Ruffini il cui unico scopo, nell’economia generale del film, appare quello di rimpolparne una sottotraccia romantica che, guarda caso, risulta anche la più prescindibile.
La differenza la fanno in ogni caso i più volte citati Greg e Lillo (soprattutto Lillo) e un divertente e divertito Frassica.
Sono loro a tenere le redini comiche di un film che è leggero senza però insultare l’intelligenza dello spettatore e, a tratti, si permette anche di osare soluzioni azzardate, come nella scena in cui si citano in maniera piuttosto palese le celeberrime scazzottate di Bud Spencer e Terence Hill.
Natale a Londra – Dio salvi la Regina resta comunque leggermente meno riuscito del precedente Natale col Boss ma più per un’infelice scelta di casting che non per la formula adottata che, del resto, è più o meno sempre la stessa.
Voto 5
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