Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Ce lo chiediamo da anni ormai: per quale motivo Ben Affleck si ostina a dirigere se stesso nei suoi film da regista? Arrivato al suo quarto lavoro dietro la macchina da presa ormai lo hanno capito tutti che come regista, in condizioni di lavoro ottimali, può fare delle ottime cose (Argo ne è la dimostrazione), mentre come attore difficilmente riesce a superare le due o tre espressioni. Ne La legge della notte (tratto da un romanzo del 2012 di Dennis Lehane, già dietro al suo fortunato esordio di dieci anni fa, con Gone Baby Gone) il gioco si ripete con Affleck che non si limita ad essere regista e attore, ma anche produttore (insieme a Leonardo DiCaprio) e sceneggiatore. Negli States e in molte altre parti del mondo il film è già uscito, è stato stroncato dalla critica ed è stato un flop consistente anche al botteghino. Period drama gangsteristico con tanta azione quanti sentimenti, La legge della notte, se è vero che può vantare una confezione impeccabile (il direttore della fotografia Robert Richardson ha utilizzato telecamere Arri Alexa 65 mm con lenti vintage 65 Panavision e il risultato è davvero qualcosa), un’impostazione stilistica e narrativa di stampo classico e un cast di tutto livello, è altrettanto evidente che si poggia su una storia che, nel passaggio di medium, non riesce scorrere in modo fluido con i tanti personaggi che abitano la pellicola e che risultano mal sfruttati a causa di una sceneggiatura che funziona a singhiozzo.
Boston, 1926. Il Proibizionismo non riesce a fermare il fiume d’alcool che invade gli speakeasy della mala e Joe Coughlin (Ben Affleck), il figlio di un commissario della Polizia di Boston (Brendan Gleeson), da tempo ha voltato le spalle alla sua rigida educazione per diventare un fuorilegge. Però perfino tra i criminali esistono delle regole e Joe infrange la più grande: incrocia il suo cammino con un potente boss, rubandogli soldi e donna (Sienna Miller). L’incontro finisce in tragedia e conducendo Joe su un percorso di vendetta, ambizione, amore e tradimenti che lo costringerà a lasciare Boston per Tampa e il contrabbando di rum.
Come dicevamo, ne La legge della notte c’è un problema a livello di script che rende dei personaggi, estremamente interessanti su carta, privi di mordente su celluloide. Così è per lo stesso Ben Affleck, ringiovanito grazie alla CGI e mai così ingessato, e persino per la sempre impeccabile Elle Fanning che qui non convince. Funziona bene invece Brendan Gleeson, nonostante abbia poche scene, nel ruolo di poliziotto di mondo dalle poche parole e dai molti fatti. Insomma c’è una discontinuità che non fa bene al film, con dialoghi che, a volte, sfiorano il ridicolo, soprattutto nei venti minuti finali. Neanche Remo Girone ne esce tanto bene, il suo gangster Maso Pescatore ricorda tantissimo il ruolo che fu di Vittorio Gassman in Sleepers, ma con tutt’altra resa. Elementi, questi, che incidono non poco sulle perfette suggestioni del periodo e che fanno sì che i personaggi risultino come distaccati dagli ambienti. La regia c’è e anche la tecnica (notevoli gli inseguimenti tra gangster con le auto d’epoca), ma nulla che De Palma o Scorsese non ci avessero già mostrato.
Voto 6
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