Guardiani della galassia Vol. 2

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Guardians Of The Galaxy Vol. 2 L to R: Gamora (Zoe Saldana), Star-Lord/Peter Quill (Chris Pratt), Groot (Voiced by Vin Diesel), Drax (Dave Bautista), and Rocket (Voiced by Bradley Cooper) Ph: Film Frame ©Marvel Studios 2017
Uno Star Wars dotato di autoironia e, soprattutto, epurato da tutti i suoi ridondanti – e spesso inutili – spiegoni. È questo, alla fin fine, l’universo di riferimento dei Guardiani della galassia.
Così come Peter Quill/Star-Lord è apparso fin da subito come un Jan Solo politicamente più scorretto, anche lui accompagnato da un peloso sodale (Rocket) e da una sua principessa Leila (Gamora) con cui ingaggiare scaramucce amorose tra un’avventura interstellare e l’altra.
La componente più ludica, assecondata all’epoca da Lucas con i droidi C1-P8 e D-3BO, trova qui terreno fertile nell’esilarante Drax di Dave Bautista e nel piccolo Groot, tenera mascotte dei Guardiani nata da un rametto dell’albero umanoide sacrificatosi nel film precedente.
E, qualora il paragone dovesse sembrarvi irrispettoso – ché i fan più oltranzisti di Star Wars non son tipi che le mandano a dire – o un po’ tirato per i capelli, basti sapere che questo secondo capitolo contempla una riflessione nient’affatto banale sul concetto di famiglia comprensiva di un difficile rapporto padre-figlio che non può non riportare alla mente quello tra Luke e Anakin Skywalker.
Stando dunque bene attenti a non incappare nel rischio di spoiling, ci limiteremo a dire che Guardiani della galassia Vol.2 assolve più o meno alla medesima funzione de L’impero colpisce ancora, pur non condividendone i limiti tipici dei capitoli centrali di trilogie.

Guardiani_Della_Galassia_2



Più spazio quindi all’approfondimento dei singoli personaggi senza però mai perdere di vista quella leggerezza che è la vera e indiscutibile conditio sine qua non di entrambi i film di James Gunn. E proprio la conferma di quest’ultimo in qualità di regista e autore dello script allontana, fin da subito, qualsiasi eventuale dubbio sulla bontà di un risultato finale che non solo è in piena continuità col primo film, ma vede tutti gli elementi che avevano contribuito a farne uno dei cinecomic più amati di sempre amplificati in maniera esponenziale.
In particolare stupisce la capacità di Gunn di spaziare con estrema libertà lungo uno spettro che va dal registro più caciarone e comico fino a un versante più  propriamente emotivo, mantenendo pressoché inalterata l’eterogeneità del quadro d’insieme.
Per dire che si continua a ridere molto ma, nonostante ciò la storia narrata ha una sua profondità che non stona affatto rispetto ai principali modelli di storytelling di scuola Marvel. E, per quanto sia pleonastico a dirsi in operazioni del genere, l’elemento visivo è autenticamente spettacolare, a partire dal rocambolesco piano sequenza  iniziale fino a un 3D che, per una volta, aggiunge davvero qualcosa alla fruizione in termini di maggiore profondità dello sguardo.

Anche l’elemento musicale – così apprezzato nel primo capitolo proprio perché all’apparenza dissonante rispetto all’uso più istituzionale che in genere si fa dello score in ambito sci-fi – viene potenziato attraverso un nuovo Awasome Mix ancora più vario, in cui trovano spazio gemme di easy listening come gli ELO di Mr. Blue Sky, Sam Cooke e persino il George Harrison di My Sweet Lord.
Volendo trovare altri esempi in cui dei brani non originali, una volta giustapposti alle immagini, acquistano una tale forza diegetica, dovremmo rivolgerci giusto a Wes Anderson (si pensi alla sua ossessione per i Kinks) o a Tarantino che, del riciclo di musica “usata”, ha fatto un proprio marchio di fabbrica.
Oltre a tutto il resto aumenta pure il minutaggio, che supera di poco le due ore. Ma è un tempo che, oltre a non pesare in alcun modo, quasi si vorrebbe prolungare, tanto è il gusto e il divertimento di fronte a un prodotto che, in assoluta controtendenza con la stragrande maggioranza del cinema d’intrattenimento, sembra avere profondo rispetto per il proprio pubblico.
E la volontà di ritardare la parola fine deve aver contagiato anche lo stesso James Gunn che, prima della classica scena post titoli di coda, riesce a infilarne addirittura altre quattro.

Voto 7,5

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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