Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Robert Redford e il suo addio alle scene (da attore, perché fortunatamente continuerà a produrre e dirigere). A dirla così viene il magone. Sessant’anni di cinema con la c maiuscola senza sbagliare un film. Un percorso professionale senza pari di chi non si è accontentato di essere una delle star più acclamate della sua generazione ma, una volta raggiunto il successo, ha saputo sfruttarlo per mettersi in gioco su più fronti, contribuendo così a rigenerare in modo significativo sia la settima arte che il concetto stesso di divismo. Paladino di un cinema fondato su nobili valori, con due Oscar vinti (uno nel 1981 come regista per Gente comune, all’esordio dietro la macchina da presa, e l’altro alla carriera nel 2002), un fascino inossidabile ravvivato dalla passione politica e dal sostegno al cinema indipendente, va da sé che quando un personaggio di tale caratura annuncia il suo addio alle scene, c’è poco da stare allegri.
A consolarci, almeno parzialmente, arriva The Old Man and the Gun, a conferma che uno come Robert Redford non avrebbe mai potuto sbagliare la sua uscita di scena.
Il regista David Lowery, qui anche sceneggiatore, si è ispirato a un articolo del New Yorker per raccontare la vera storia di Forrest Tucker (Robert Redford), un uomo che ha trascorso la sua vita tra rapine in banca ed evasioni dal carcere. Da una temeraria fuga dalla prigione di San Quentin, già settantenne, fino a una scatenata serie di rapine senza precedenti, Forrest Tucker disorientò le autorità e conquistò l’opinione pubblica americana. Coinvolti in maniera diversa nella sua fuga, ci sono l’acuto e inflessibile investigatore John Hunt (Casey Affleck), che gli dà implacabilmente la caccia pur essendo allo stesso tempo affascinato dalla passione non violenta profusa da Tucker nel suo mestiere, Jewel (Sissy Spacek), che lo ama nonostante sappia che è un fuorilegge e due compagni di squadra con i volti di Danny Glover e Tom Waits.
Forrest Tucker è uno spirito libero e incarna il mix perfetto, nonché la naturale estensione dei personaggi più riusciti di Redford: possiede la posatezza del borghese Paul Bratter di A piedi nudi nel parco, il romanticismo del cacciatore Denys Finch Hatton de La mia Africa, la tenacia del trapper solitario Jeremiah Johnson in Corvo rosso non avrai il mio scalpo, la perseveranza del giornalista Bob Woodward in Tutti gli uomini del presidente e la scaltrezza del Johnny Hooker de La stangata. Quello che interpreta è un rapinatore atipico, che utilizza quegli occhi blu dal taglio sfrangiato dal tempo e quel sorriso affabile, come unica arma.
Il resto ce lo mette Lowery, abilissimo a lavorare sul e col mito di Redford e che, dopo il celebrato A Ghost Story-Storia di un Fantasma, ha optato per una storia in cui il protagonista, curiosamente, non evolve, ma si limita a compiere un percorso e ad andare nella stessa direzione dall’inizio alla fine.
È un film che splende, The Old Man and the Gun, anche per la cura nella messa in scena e ogni altro dettaglio che rimanda a un cinema del passato: dai 16 mm in cui è stato girato alla scelta dei comprimari (Sissy Spacek in primis, volto simbolo de La ragazza di Nashville e Carrie lo sguardo di satana).
Ciao Bob, sei uno degli ultimi paladini del cinema sia dentro che fuori lo schermo. Se dovessi cambiare idea, ci troverai qui ad attenderti.
Voto 7
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
Il canto del cigno del Redford attore è un’opera incantevole e leggera, ma anche un perfetto omaggio che ripercorre simbolicamente tutta la sua carriera.
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