500 giorni insieme

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“Questa non è una storia d’amore, ma è la storia di un lui e di una lei”: dice con voce beffarda il narratore del film e da qui prende avvio la dissezione di una relazione imprevedibile lungo l’arco di cinquecento giorni, scanditi dallo scorrere di un contatore che segue gli alti e bassi dell‘umore di lui. Lui è Tom, un ragazzo che crede ancora all’amore predestinato che cambia tutto, al colpo di fulmine, all’anima gemella e sogna di diventare architetto, ma nel frattempo lavora come autore di biglietti d’auguri. Lei è Sole (Summer nell’originale) ed è la nuova segretaria del suo capo e all’amore eterno non ci crede affatto. Tom capisce che lei è quella donna che cerca da una vita e lentamente tenta di conquistarla, si innamora dell’idea stessa di Sole, vive in un mondo di fantastiche emozioni. La storia ripercorre gli eventi che hanno segnato la relazione, i giochi amorosi spesso tumultuosi, il territorio che va dall’infatuazione ai primi incontri, dal sesso alla separazione, dalle recriminazioni alla redenzione.



Sotto un apparente tono scanzonato, 500 giorni insieme nasconde una riflessione molto lucida sui rapporti di coppia, analizza la difficoltà di stare insieme che si accompagna sempre all’ansia spasmodica di un amore assoluto. Tom vive l’amore in maniera ancora piuttosto adolescenziale, come una forza capace di sconvolgere una vita intera; Sole, invece, lo fa in maniera più critica, sente la difficoltà di condividere la propria intimità con un’altra persona, di far combaciare i pezzi e di tenerli insieme. Mentre il contatore salta da un giorno all’altro, alternando eventi cruciali della relazione a giorni qualunque, privi di Sole, seguiamo Tom nella sua lenta, e a volte dolorosa maturazione, aiutato dai suoi amici sballati e dalla saggia e disincantata sorella minore.

Il regista si serve di una sceneggiatura frizzante e dialoghi inappuntabili di Scott Neustadter e Michael H. Weber, per dirigere con brio due bravi attori, che convincono pienamente nei momenti più seri e divertono in quelli più brillanti: Joseph Gordon-Levitt candido e un po’ naïf, Zooey Deschanel (che sembra un po’ Katy Perry!) furbetta e un po’ irritante. Si diverte a giocare con gli split-screen, e a prendere spunto dai film di Godard e Bergman, così come dal musical (la divertentissima You make my dreams come true), delineando con effetto straniante e quantomai realistico il caleidoscopio di emozioni che compone l’animo di un innamorato. Colpisce al cuore una frase di Mackenzie, il migliore amico di Tom, un po’ la chiave di lettura del film: “La mia ragazza ideale deve essere bionda e avere le tette grosse. Io sono fidanzato con la stessa ragazza dalla quinta elementare, è bruna e non ha le tette grosse. Sì, non è la mia ragazza ideale, ma io la preferisco perché è reale!”.

Voto 8

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